fragilità

L'immagine di un lago in autunno racconta di quando ci sentiamo soli

Nel cuore di Dario è sempre autunno

Nel cuore di Dario è sempre autunno 738 600 Anna

Quando ho letto questo articolo di Chiara Baldini, pubblicato da Vitamine Vaganti il 23 dicembre 2023, mi sono chiesta come fosse possibile. Come è possibile pensare di abbandonare al suo destino una famiglia senza che le Istituzioni preposte se ne prendano cura. Mi si è stretto il cuore al pensiero di quest’altra mamma straziata dall’amore infinito per il figlio fragile che non sa come aiutare. Ho chiamato Chiara Baldini che conosco da anni e ho deciso di diffondere la sua denuncia. Perché sono stanca di tragedie annunciate.  Di ragazzini noti fin da piccoli ai servizi che arrivano alla soglia dei 18 anni in queste condizioni. Ma anche perché voglio così arginare il rischio di una strumentalizzazione del passaggio alla maggiore età da parte dei servizi di psichiatria adulti. Adesso sappiamo e non vogliamo fare finta di niente.               

Lettera aperta da Chiara Baldini

E a quel punto scoppia a piangere, la signora, a singhiozzi, dall’altra parte del telefono. Scusandosi, vergognandosi anche un po’, forse, per quel fiume di disperazione che non ce la fa più a rimanere confinato nelle sponde del suo cuore e che adesso pare travolgere anche me con la sua eco, al di là del lago. Lontano eppure vicinissimo. Talmente vicino che me lo sento negli occhi, sulla pelle, nella gola il suo dolore sconfinato. Sarà che siamo mamme entrambe. E siamo spaventate dal futuro. La voce al telefono ha appena finito di insultare tutto e tutti. Se l’è presa con la psichiatra, che non ne ha azzeccata una di terapia per Dario, con l’assistente sociale, che li ha abbandonati al loro destino di naufraghi in balia della tempesta. Con Dio, che le sta dando una croce troppo pesante per le sue esili spalle e infine con la scuola, che adesso glielo lascia a casa questo figlio sbagliato: da un giorno con l’altro e con provvedimento d’urgenza.

Ha ragione a disperarsi questa mamma sfinita e vorrei dirglielo. Ma io sono quella che le sta comunicando che in classe, il suo ragazzo, non ci può più venire, che ne ha infilate una dietro l’altra: così grosse che persino gli assistenti scolastici si sono dati alla latitanza.

«Ma perché?» mi chiede tra un insulto e l’altro «che cosa ha fatto di così grave, cosa è successo ancora?». Già, ancora. Perché lo sa anche lei che sono due mesi che arranchiamo nel tentativo di trovare il modo giusto per gestire Dario, in classe, per interessarlo, per farlo stare tranquillo.

Il fatto è che ogni tanto questo bel ragazzo di un metro e ottanta per novanta chili diventa insofferente. Così, improvvisamente e allora apriti cielo, non ce n’è più per nessuno/a. Spintoni, botte, lanci di oggetti, insulti, tentativi di spogliarsi. Persino le forbici, una volta, ha puntato all’assistente. E come si fa con uno così, dentro una scuola con altri/e trecento minori che dovrebbero esser lì per imparare?

Un ragazzo che passa nella stessa mattina dall’amabilità più squisita alla ferocia improvvisa è un problema enorme dentro una classe. Basta un libro lanciato addosso alla compagna sbagliata, o una leggera spinta sulle scale e ci troviamo con una minorenne in ospedale e una denuncia a carico del compagno con disabilità. Chi va tutelato/a e protetto/a? Di chi è la responsabilità se succede qualcosa di spiacevole dentro le mura scolastiche?

Alla signora, però, non dico nulla di tutto ciò. Lo sa anche meglio di me. Accolgo la sua domanda come il tentativo di trovare un senso a una tragedia che di senso non ne ha.

«Signora, suo figlio non sta bene, scarica la sua rabbia e il suo disagio su chi gli sta attorno e noi non riusciamo ad aiutarlo, non abbiamo le competenze». Che frase idiota. Stereotipata da far schifo, una bandiera bianca ormai consunta dal troppo utilizzo. La mamma l’ha già vista sventolare chissà quante altre volte in diciassette anni, infatti affonda subito il colpo.

«Nemmeno io le ho le competenze, però a me non aiuta nessuno. Sa quante botte ho preso da mio figlio? Eppure gli voglio un bene dell’anima, è l’amore della mia vita.»

Lo conosco anch’io quell’amore lì. «Capisco, ma noi qui dobbiamo pensare a tutti e a tutte, abbiamo una scuola piena di minori» mi sento dire, facendomi sempre più pena da sola. Sono settimane che ho la mail intasata dalle proteste dei genitori dei/lle compagni/e, che da due mesi non riescono a fare lezione decentemente. Ma questo alla mamma non lo dico, non ha senso darle un dolore in più.

«Adesso io come faccio? Domani ho un corso obbligatorio al lavoro, non posso stare a casa con mio figlio. Non potete tenermelo ancora un giorno? Poi trovo una soluzione» mi implora. Non posso dare neppure questa di consolazione alla signora, non è possibile. La cooperativa ha sospeso il servizio di assistenza scolastica, dopo che il quarto educatore è tornato a casa coi lividi e noi non abbiamo nessuno a disposizione. Proprio a me le fan dare queste risposte, a me che da una vita mi batto per i diritti delle donne che lavorano e per le politiche sulla conciliazione.

Ho la gola secca e il telefono che trema leggermente nella mia mano destra. Ci pensa la signora a riempire il silenzio, però. «Ci voleva anche questa di disgrazia. Abbiamo perso tutto, persino la casa e ora siamo abbandonati. Ma si rende conto di cosa succede a chi ha la sfortuna di avere un ragazzo come il mio, in questo Paese?» È il mio lavoro, le vedo da anni queste situazioni. E sì, esattamente come lei, signora, vorrei gridare allo scandalo, ma intanto non ci ascolterebbe nessuno. Lo sappiamo tutti/e benissimo che i vari governi, di destra e di sinistra, negli ultimi trent’anni almeno hanno tagliato con la delicatezza di un decespugliatore a motore sui servizi alla persona. Con la pandemia la cosa si è fatta lampante e molti nodi sono venuti al pettine. Eppure non è cambiato niente.

La sanità, per dirne una, qui tra le valli, è una cosa da vergogna. Senza prendere situazioni estreme, basti dire che a me manca il medico di base da sette mesi, perché il mio ha aperto uno studio privato e nessuno lo ha sostituito. Quelli che ci sono, di dottori, non hanno posto. In farmacia mi hanno spiegato che se mi dovessi ammalare, dovrei chiamare il numero unico e mi manderebbero da un medico a caso, giusto per farmi fare il certificato. Questa la situazione dei servizi di base.

La famiglia di Dario è andata a stare dall’altra parte del lago, in una vecchia casa in pietra di una frazione in montagna dove non c’è nulla, neppure un bar. Dopo vari episodi di danneggiamenti di beni arrecati a vicini e compaesani dal nostro alunno, l’unica soluzione possibile è rimasta il trasferimento, la vendita della villa di famiglia e il pagamento dei danni. «Ma lei ha idea di dove viviamo adesso tutti? In che condizioni siamo ridotti?».

Forse Dario ha le sue ragioni per essere così arrabbiato. Come le ha la mamma, quando mi grida le peggiori cose al telefono, o come il papà quando sceglie di stare fuori di casa dall’alba al tramonto per lavoro (sempre ammesso che sia una scelta).

Dario poi ha un fratello. Incolpevole, come tutti i componenti della famiglia. Ma anche lui sradicato dal suo paese, dalla sua quotidianità, dalle relazioni importanti per fuggire da un posto dove la disabilità di suo fratello ha fatto di un giardino un deserto. Ma come si fa a parlare di inclusione quando mancano le basi essenziali per la presa in carico e la cura adeguata delle persone con disabilità?

Abbiamo avuto Franco e Franca Basaglia, in questo Paese e ne ringrazio Dio ogni giorno, ma cosa è successo dopo di loro? Chi, tra i deputati a decidere per gli italiani e le italiane, ha avuto il coraggio di investire seriamente sulle strutture, le figure professionali, i percorsi di recupero delle persone con fragilità psichica? NESSUNO.

E di storie come quella di Dario c’è pieno il Paese (peraltro con gravissimo danno dell’incolumità collettiva, oltre che della dignità umana).

Me li prendo tutti gli insulti di questo cuore ferito che mi grida al telefono che le facciamo tutti schifo, non apro bocca. Senza offendermi né chiudermi a riccio, semplicemente provo ad accogliere. E a quel punto scoppia a piangere, la signora, dall’altra parte del lago. Viene il magone anche a me, perché mi sento impotente.

Bella questa telefonata. Due donne che ascoltano i reciproci silenzi, senza più parole né speranze da condividere. E mentre si avvicina il Natale, mentre le vetrine cominciano a riempirsi di gnomi e folletti sorridenti, qui c’è una famiglia la cui misera capanna, abbarbicata sui monti, affaccia su un lago di disperazione. Nell’incanto apparente dei nostri boschi dalle tinte fiabesche, ogni giorno cadono migliaia di foglie e di speranze, nel silenzio più assordante.  

La foto ritrae un gruppo di persone che attraversa uno spazio verde.

Welfare e risorse comunitarie

Welfare e risorse comunitarie 2560 1920 Webmaster

Animazione Sociale – Cervia Maggio 2022

 Il tema dei possibili modelli di Welfare che valorizzano le risorse comunitarie è stato al centro del percorso di formazione organizzato da Animazione Sociale alla fine dello scorso mese di maggio.

Una due giorni decisamente intensa e articolata su due livelli: 

  • il primo dedicato agli interventi di professionisti istituzionali, addetti ai lavori, psicoterapeuti e docenti di materie che hanno spaziato dal design per l’innovazione, agli studi urbani e alla progettazione sociale
  • il secondo finalizzato all’esperienza e al contatto diretto dei partecipanti con alcune realtà sociali protagoniste del modello di Welfare dell’aggancio  avviato dall’Amministrazione Comunale  di Cervia.

Ad entrambi i livelli abbiamo colto lo spirito del convegno, efficacemente sintetizzato nella citazione di Aristotele proposta da uno dei primi relatori: <<La felicità è cosa buona quando è individuale, è divina quando riguarda la città>>.

Proprio perché riguarda la città, quindi anche  la nostra associazione. Come gli altri Enti del Terzo Settore, infatti, dobbiamo sempre chiederci se le attività promosse sul territorio (le nostre in prima battuta ma anche quelle realizzate dalle Istituzioni pubbliche) generano reale promozione sociale  oppure servono a mantenere lo status quo. Risultato non insolito se gli effetti dei servizi proposti restituiscono soggetti sempre meno disposti a lottare per continuare a difendere i loro diritti. 

Welfare dell’aggancio è inclusione e partecipazione

Il Welfare dell’aggancio con cui Cervia intende superare l’approccio individualistico è fondato su una configurazione dei servizi caratterizzata da una regia pubblica, guardiana del principio di uguaglianza come valore di giustizia sociale e garante di una forma di amministrazione in collaborazione con il variegato mondo del terzo settore.  Dalle Imprese sociali alle tante organizzazioni non lucrative di utilità sociale e al volontariato informale delle cosiddette Sentinelle di comunità.  

Le risorse comunitarie: le Sentinelle di comunità

A Cervia le Sentinelle di comunità possono essere baristi, parrucchieri, edicolanti, amministratori di condominio, sacerdoti, insegnanti. Singoli cittadini in grado di rappresentare un giacimento di solidarietà per il territorio. Sportelli dematerializzati attraverso i quali quotidianamente è possibile osservare situazioni di fragilità e individuare persone con bisogni non espressi, magari perché incapaci (per ignoranza, vergogna o supponenza) di chiedere aiuto rivolgendosi ai servizi istituzionali. Soggetti con un talento sociale che, opportunamente guidato, può diventare il ponte che collega i bisogni dei territori alla rete di servizi istituzionale.

Le risorse comunitarie: le Porte di Comunità

  Le Porte di Comunità  di Cervia rappresentano il secondo livello di risorsa comunitaria. Sono collegate a una sede fisica e specifica sul territorio e sono il punto di riferimento per i cittadini che vivono in quell’area. 

Ogni Porta di Comunità – a Cervia (29.000 abitanti) ce ne sono attualmente sette – è gestita grazie al lavoro dei volontari delle associazioni, svolto  in sinergia con le linee di indirizzo dettate dai Servizi Sociali del Comune e con il supporto del Consiglio di Zona di riferimento e del Distretto Sanitario  di Ravenna. Oltre alla Porta di Comunità Mensa Amica, noi ne abbiamo visitate altre due. 

La Porta di comunità di Pisignano

La Porta di Comunità di Pisignano, si trova in un piccolo  Comune  a una decina diLa foto ritrae il momento di inaugurazione della Porta di comunità di Pisignano a Cervia. chilometri da Cervia.  Qui,  alcuni volontari dell’associazione di promozione sociale Francesca Fontana sono disponibili tutte le mattine dal lunedì al venerdì per ascoltare le esigenze dei cittadini di quella comunità (poco più di 2.000 persone): dalla segnalazione di una buca davanti alla scuola, al disagio di un bambino, all’anziano che non riesce ad accedere ad alcuni servizi e ha bisogno di assistenza. Il volontario prende nota e se non è  in grado di rispondere in autonomia contatta l’Assistente sociale o l’Assessore ai Servizi Sociali perché prendano in carico la situazione.  

La Porta di Comunità di Pisignano, è co-gestita anche dai volontari dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Grama a cui fa capo l’omonimo centro. Spazio in cui vengono organizzate attività sportive ed eventi di intrattenimento  atti a instaurare relazioni significative con la comunità.

L’apertura della Porta di Comunità di Pisignano ha anche permesso di riportare su quel territorio il servizio di Medicina Generale che negli anni era stato sospeso a causa della scarsità del bacino di utenza. Il servizio è aperto due mattine alla settimana.

La Porta di Comunità Scambiamenti

La porta ritrai l'ingresso della Porta di Comunità Scambiamenti di Cervia

La Porta di Comunità Scambiamenti si trova nel centro di Cervia ed è nata come spazio in cui offrire corsi di italiano agli stranieri.

Dal 2014, all’obiettivo legato ai corsi di alfabetizzazione ne sono  stati aggiunti due. 

Sono entrambi orientati a rafforzare la coesione sociale attraverso lo scambio reciproco di risorse, anche se si muovono in due diverse direzioni di senso:  

  1. favorire l’avvicinamento degli stranieri alla cultura ospitante
  2. promuovere le competenze degli studenti universitari 
    1.  

L’individuazione del primo obiettivo è conseguenza delle esperienze fatte fino al 2014 e centrate sulla valorizzazione della cultura di origine come strumento di inclusione.  Quelle stesse esperienze avevano evidenziato il rischio di favorire la chiusura dello straniero dentro alla sua comunità e hanno attivato un pensiero alternativo fondato sulla costruzione del bilancio di competenze delle persone straniere  per:

  • mappare le loro competenze specifiche
  • valorizzarle attraverso la proposta di nuovi corsi di lingua araba e francese oltre a un laboratorio di cucina marocchina
  • coinvolgere le persone straniere in queste nuove attività attraverso la messa a disposizione  del loro sapere a servizio della comunità, in prevalenza italiana 

Il secondo obiettivo è nato dall’idea di coniugare due diverse esigenze: quella, sentita dai giovani,  di disporre di spazi in cui sperimentare le loro capacità  e quella di ampliare le occasioni di incontro e di scambio con la comunità. Da questa idea è nata la proposta di alcuni incontri dedicati all’ esposizione di tesi di laurea su argomenti di interesse per la comunità e utili  agli studenti universitari per mettere alla prova le loro competenze oratorie.

Spunti di riflessione per un Welfare di comunità

Di seguito proponiamo alcuni stimoli tratti dagli interventi che abbiamo ascoltato durante i due giorni di formazione e che riteniamo particolarmente significativi. Di ognuno, indichiamo il relatore.

Le esperienze di Welfare di comunità presentate hanno in comune alcuni importanti pilastri:

Costruzione di un pensiero politico

Daniela Poggioli, architetta e dirigente Responsabile del progetto Welfare dell’Aggancio:

  •  avere un’ idea della città che vogliamo, ma anche essere capaci di far emergere quanto è già stato fatto ed è patrimonio della città

Gino Mazzoli, psico-sociologo:

  • il livello del pensiero deve  necessariamente precedere  tutto quello che si vuole realizzare. Organizzare spazi deputati alla gestione di incontri sistematici è un’azione della massima importanza: presidi dove fare la manutenzione dei legami; coltivare  relazioni con impegno e continuità; favorire il passaggio  dall’immateriale al corporeo, dal teorico al pratico, dal globale al locale, dal veloce al lento, dall’individuo al gruppo 

Regia del processo trasformativo  

Per tutti e tre i relatori che seguono deve essere in capo alla Pubblica Amministrazione attraverso azioni e forme di gestione diverse.

Ezio Manzini, fondatore di Desis Network Design for Social Innovation and Services, sottolinea l’importanza del ruolo di garante:

    • della realizzazione anche in altre parti della città di ciò che è in atto e funziona (ad esempio l’orto sociale) in una o poche parti di essa
    • dell’abbandono degli atteggiamenti volti a lasciar fare a chi già fa e a rendergli facile il compito
    • della nascita di una pluralità di costellazioni di normalità trasformativa 

Massimo Bricocoli, direttore del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, evidenzia il compito:

  • di saper conciliare l’aspirazione universalistica del Welfare e la disomogeneità del territorio attraverso la promozione di una cultura dell’agire sociale che coinvolga tutte le risorse comunitarie e non solo le competenze specifiche. Il motivo è lo spazio. Il modo in cui è già organizzato o lo vogliamo organizzare struttura i comportamenti  e genera condizionamenti da cui è difficile prescindere. Per questo motivo, il lavoro sociale deve essere piuttosto visto come uno “sporco lavoro di quartiere” il cui obiettivo è la cura degli umani, ovvero la capacità di federare persone e luoghi 

Patrizia Meringolo, psicologa di empowerment di comunità, parla della necessità di garantire:

  • il diritto di cittadinanza alle prospettive discordanti, consapevoli del fatto che nessun punto di vista può mai essere elevato a migliore in assoluto
  • l’applicazione di un modello di analisi del contesto che parta dai valori e non dai bisogni del territorio perché questi creano fratture e disuguaglianze, comunità chiuse e non comunità coese

Valenza educativa dell’ intervento

Ne parla Cesare Moreno, Presidente dell’Associazione Maestri di strada Onlus di Napoli, che dice:

<<cura bellezza e sogno sono gli strumenti alla base di ogni intervento educativo. Il compito dell’educatore non è quello di porsi verso l’Altro in una relazione di aiuto ma di scambio in un contesto di solidarietà umana. Cosa ben diversa dalla solidarietà sociale. Gli uomini  devono  essere capaci di vedere lontano e insieme occuparsi gli uni degli altri con scopi e narrazioni comuni. Bisogna sognare l’altro come oggi non è.>>

L'immagine mostra due uova di pasqua con incarto arancione

Buona Pasqua con Cioccolato 180

Buona Pasqua con Cioccolato 180 2560 1707 Webmaster

 

Durante la Pasqua  si festeggia il passaggio da una condizione che limita il nostro vivere (la schiavitù, la morte) a una che libera,  a condizione di accoglierla e considerarla una “nuova opportunità”.  Un passare oltre che è superamento di quanto vissuto fino a quel momento, o di come lo abbiamo vissuto  Un oltre che è nuova nascita.

LA PAROLA PASQUA

La parola deriva dal greco pascha, a sua volta dall’aramaico pasah e significa infatti “passare oltre”, quindi “passaggio”.  Per gli Ebrei, quello che attraverso il mar Rosso ha permesso loro di affrancarsi dalla schiavitù d’Egitto e iniziare a vivere da uomini liberi.  Per i cristiani, quello del passaggio dalla morte alla vita di Gesù Cristo.

La festa di Pasqua è accompagnata da molte leggende.  Alcune in particolare si riferiscono all’uovo e al coniglietto pasquale, da tempi antichi simbolo di questa festa.

Noi vi proponiamo quelli del laboratorio artigianale di Cooperativa 180.  Cioccolato di qualità elevata, senza glutine, prodotto soprattutto grazie all’inserimento lavorativo di persone con fragilità. 

Aderire alla proposta di Pasqua è importante

Sostiene l’impegno sociale di Cooperativa 180 sul fronte degli inserimenti lavorativi e aiuta anche noi di Curiosamente.  Con il 20% del venduto potremo infatti finanziare alcune delle nostre proposte: laboratori o incontri pensati per creare condizioni di scambio e conoscenza tra persone con disagio e quelle che si vivono normali.

Come assicurarsi una Buona Pasqua 

  1. consultare il Catalogo 2022
  2. scegliere l’articolo e il numero di pezzi 
  3. per ogni pezzo, scegliere il tipo di cioccolato (latte o fondente) e il formato (piccolo, medio, grande)
  4. inviare una mail a curiosamente@curiosamente.net con il riepilogo dell’ ordine

Importante sapere che

Consegna e pagamento | Lodi in viale Pavia 26 presso la sede di Curiosamente (giorni e orari verranno indicati nella mail di risposta all’ordine ricevuto) 

Termine ultimo prenotazioni: 10 Aprile 2022